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Chiesa di San Domenico

Conosciuta anche come Convento dei frati domenicani. Monumento Nazionale,

dal Ministero dei Beni Culturali, uno dei massimi esempi del Barocco nell’estremo Salento.


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Chiesa di San DomenicoAltareIngressoOrgano Navata

Eretta dall’Ordine dei Padri Predicatori nel 1688, sulle rovine del precedente tempio conventuale, la chiesa dei Domenicani rappresenta uno dei massimi esempi del Barocco nell’estremo Salento.

 

L’insediamento dell’Ordine Domenicano a Tricase fu voluto da Frà Nicolò Paglia da Giovinazzo, compagno di San Domenico ed è stato uno fra i primi di Puglia. La chiesa, strategicamente costruita a ridosso delle mura della città, si è arricchita negli anni delle continue donazioni dei fedeli, restituite a noi sotto forma di opere d’arte. L’impianto teatrale della luminosa facciata si rifà allo stile di Giuseppe Zimbalo, che in Terra d’Otranto più volte lavorò con i Domenicani. Le due quinte laterali decorate con stucchi realizzati nel 1769, affiancano il corpo centrale che oltre al grande finestrone a “lira” ospita il portale in pietra leccese, sulla cui sommità vi sono i busti dei SS. Pietro e Paolo, titolari del Convento, e la nicchia con la statua di San Domenico da Guzman, fondatore dell’Ordine.

 

I battenti del portone principale e dell’ingresso laterale, sono gli originali del 1700, intarsiati da Oronzo Pirti. Alla sommità della facciata, statue alternate a pennacchi spingono la struttura verso l’alto. L’interno è un manifesto del barocco salentino. La navata di forma rettangolare è sovrastata dal soffitto ligneo dipinto con lacunari ottagonali alternati a losanghe, animati da motivi vegetali. Nove profonde cappelle laterali ospitano altrettanti altari che tra colonne, fastigi e paliotti raccontano la storia della chiesa. Saltano all’occhio, nel completo equilibrio della struttura, le dieci statue policrome poste sui pilastri tra le cappelle, tra le quali incuriosisce quella di San Ludovico Bertrando che con una mano impugna la pisside e con l’altra il crocefisso infilato nella canna di una pistola. Tra gli altari, spiccano per eleganza quello dell’Annunziata, per finezza d’intaglio quello di San Tommaso d’Aquino con la seicentesca tela della “Vergine del Rosario”, e per sontuosità quello del Nome di Gesù con la sua imponente pala d’altare della “Circoncisione di Cristo” di Gian Domenico Catalano, e quello di San Domenico, con la tela del “Miracolo di Soriano” e busti lignei di santi alternati ad opere in gesso e terracotta. Di pregevole fattura è anche il pulpito ligneo incassato attorno ad un affresco raffigurante San Tommaso.

 

Alle spalle dell’altare maggiore, rivestito in marmi policromi nel 1762, si può notare la sua forma barocca prima dello smontaggio e del rivestimento. L’abside rettangolare contiene il coro ligneo intagliato nel noce dal maestro Oronzo Pirti nel 1703, sovrastato da una grande tela della “Vergine del Rosario” attribuita al pennello del Catalano. Importanti esempi di cartapestai leccesi sono le due statue settecentesche di San Domenico e della Madonna Addolorata, poste in degli stipi ai lati dell’arco trionfale.

 

Sul lato posteriore destro della chiesa l’elegante campanile impostato su due ordini, è chiuso da una cuspide decorato da sfere in ceramica policroma. Alle spalle il complesso del convento dei Santi Pietro e Paolo, oggi è sede distaccata di alcuni uffici comunali.

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